lunedì 9 ottobre 2023

Emergenti e palombari

 

Porta palazzo non ha niente a che fare con Torino, non è Italia, né tantomeno Europa. Porta Palazzo non è nemmeno un quartiere, né  una circoscrizione.

Porta Palazzo è un luogo a sé con i confini indefiniti. Ne fanno parte o sono sinonimi, oltre al mercato: Borgo Dora, il Baloon, Porta Pila.

E’ un’isola felice o infelice a seconda dei giorni e dei momenti. C’è   da ridere e c’è da incazzarsi a seconda dei giorni e dei momenti, ma sempre c’è da sorprendersi. Insomma, non ci si annoia.

Tornata a Torino da pochi giorni, ieri mattina sono scendo a bere un caffè per riprendere contatto con la città. Entro al bar-enoteca, qui sotto casa.

Il proprietario è Gino, un bel signore  atletico che gestisce l'enoteca da parecchi anni. Frequentatori assidui sono gli impiegati che lavorano in zona, molta gente che viene o lavora per il mercato e tanti ‘personaggi’ diciamo coloriti.

Trovo  un ragazzo che vedo spesso, fa colazione, legge il giornale e  commenta gli articoli con pacatezza e serietà. E' un giornalista e scrittore, mi dice Gino, e vive qui al portone a fianco.

C’è anche un altro personaggio, un tipo singolare, che lavora nelle vicinanze. Aveva la passione per il teatro, mi dice Gino, voleva fare l'attore. 

Chiacchiera di più o di meno a seconda della quantità di vino che ha bevuto. E stamattina alle 9, a giudicare dalle cazzate che spara, deve già aver  tracannato il giusto. È sempre allegro, magari logorroico ma mai molesto. Quando entro vedo Gino e il giornalista che se la ridono  sotto i baffi, e lui, il personaggio, che  cammina, si siede, si alza, fa una mezza piroetta, si siede ancora, si rialza, gesticola  e parla e parla.

Entra una ragazza cinese ‘ciao Huan, cappuccino? chiede Gino sì, dice lei,   e posa le monete sul banco. Mentre Gino glielo prepara, il personaggio in questione si mette a scherzare con la poveretta che,   con un  sorriso stampato in faccia, cerca invano di capire cose che, per la verità, capiamo poco anche noi.

E . .  da Gino il miglior cappuccino di Torino. Sì poi ci sono i cappuccini, gli altri, quelli tutti in fila indiana e  le carmelitane scalze . . .  e Leone x  . . . . . Gino mi guarda ridendo, capirai come esco io la sera dopo esser stato tutto il giorno con questi personaggi.

Huan esce, scortata dalle piroette dell'attore, con il cappuccino traballante tra le mani e il sorriso irrigidito.

Il giornalista/scrittore legge e commenta l’evento Portici di Carta che ci sarà questo fine settimana. Altro spunto per il nostro personaggio che inizia a parlare di libri, di Baricco e della scuola Holden.

E . . .sì, questi sono gli scrittori emergenti . . .  li vedi? E . . . gli scrittori emergenti . . . .  Pagano 4000 euro per fare un corso di scrittura, e poi? per cosa? E poi dicono le stesse stupidate che dico io ogni giorno a gratis, 4000 Euro pagano! Ah sì . . . . .  sì, ma questi sarebbero gli scrittori emergenti questi! E gli altri? E gli altri . . gli altri sono i palombari. . . . . .

Purtroppo devo uscire, esco ridendo ma mi sarebbe piaciuto sentire  anche il seguito.  Sarà per la prossima volta.

sabato 31 agosto 2013

Un giro al baloon. Qualcosa d’altri tempi.



Torino è bellissima in questi ultimi giorni di agosto:  un clima ottimo, fresco,  pare che il caldo afoso quest’anno abbia risparmiato la città. Qualche violento temporale  ogni tanto arriva con pioggia, vento, grandine, alberi sradicati, strade allagate, panico, ma in generale è una bella estate. 
Le piazze sono piene di turisti e il mercato è abbastanza animato, i banchi sono tanti e colorati come sempre, solo  alcuni stand sono chiusi per ferie. I torinesi pare non siano andati in vacanza in quest’anno di crisi o se lo hanno fatto sono tornati presto.
Oggi, sabato, sono uscita verso le 9 per il mio giro cittadino. Un caffè al bar Roma che ha riaperto già da un po'. Hanno fatto le vacanze nel periodo del ramadan, visto che  la maggior parte dei clienti è di religione islamica. 

Avevo un appuntamento alle 11, quindi un bel paio d’ore da spendere in giro a bighellonare, un’attività che mi riesce bene e mi soddisfa. Da tanto tempo non andavo al baloon e visto che è sabato, cosa c’è di meglio se non decidere di farci un giro?
Mi perdo un po’ tra le mercanzie più disparate, poi, sulla piazza, attira la mia attenzione un banco  che espone monete e francobolli. Da sempre la piazza è stata il luogo dove si incontravano collezionisti e venditori, ma ora mi sembra una cosa d’altri tempi. E’ una cosa d’altri tempi. C’è ancora qualcuno che colleziona francobolli? Sì.

Davanti al banco ci sono tre persone, ma attira la mia attenzione un signore seduto su una sedia da cucina anni 50 con schienale e sedile rivestiti di pura plastica marroncina, in realtà la sedia aveva un rivestimento di plastica marroncina, ora presenta solo alcuni brandelli  penzolanti sulle sottili  gambe di metallo cromato. Il signore, che sta seduto sulla gommapiuma  ingiallita, sembra anche lui uscito dagli anni 50.  

Magro, magrissimo, direi proprio pelle e ossa, pantalone di colore indefinito, scarpe da bocciofila, una giacchetta della tuta da ginnastica bluette con due bande bianche lungo le maniche. Pochi capelli grigi, naso ossuto e pronunciato, occhiali da miope spessissimi. Curvo sui dossier di francobolli li sfoglia con una pazienza da certosino, ogni tanto si avvicina un po' di più e, con le dita  scarne rivestite da una pelle trasparente,  ne estrae uno per infilarlo,  con cura, in una busta bianca. La busta contiene  i pezzi che vuole acquistare per la sua collezione.
Dal colore giallognolo della pelle direi che non esce mai, se non per venire il sabato al baloon a cerare qualche pezzo raro o di particolare interesse. Me lo vedo nella penombra, chiuso in chissà quale stanza polverosa e stantia, a trascorrere il suo tempo ammirando e riordinando  francobolli.

venerdì 2 agosto 2013

Capita di incontrare

Capita a Porta Palazzo,
capita anche di fare due chiacchiere con una nigeriana ormai torinese. Fa un gran caldo in questi giorni a Torino, una signora percorre  via Priocca con un paio di pantaloni bianchissimi è africana e , come dire, di corporatura 'tradizionale', stiamo andando entrambe verso la zona dei produttori.
Si volta, mi guarda  ed è lei a parlarmi per prima, già questo mi piace. 
Che bello! Mi dice, ha visto come l'hanno aggiustato bene? Parla del nuovo albergo sociale che sta per essere ultimato all'angolo tra piazza della Repubblica e via Priocca. Sì, le rispondo, era una casa fatiscente e disabitata, la stanno recuperando proprio bene. E cominciamo a chiacchierare, guardare e giudicare i lavori fatti e anche lo stato dei palazzi vicini.
E' nigeriana, è a Torino da 14 anni. Non le chiedo come è arrivata qui, perché conosco le storie tragiche di queste ragazze, ma lei secondo me ce l'ha fatta. Parla un italiano discreto, è sorridente e paciosa. Le chiedo se abita in zona, sveglia e simpatica com'è magari le propongo di iscriversi a Fuori di Palazzo. Prima di venire qui, mi dice, io dell'Italia sapevo solo che esistevano Napoli e Porta Palazzo. Sono venuta ad abitare a Porta Palazzo, i primi anni abitavo in via La Salle. Era brutta mi dice, sporca, c'erano cacche e vomito sui marciapiedi, per le scale, dappertutto. Ora sta cambiando le dico, è migliorata anche via La Salle. Lei non abita più qui, abita in corso Belgio, ma Porta Palazzo le piace e le piacciono i cambiamenti, così come piacciono a me. La sente sua questa zona, da come parla capisco che è rimasta affezionata al quartiere, magari è riuscita a superare le difficoltà e i problemi che ha avuto,  si sente accettata, sicura, si sente di far parte della zona e della città tanto da rivolgere la parola alla prima che incontra senza timore di essere trattata da 'negra'. Brava!

martedì 16 luglio 2013

Di ghiacciaia in ghiacciaia

Poche informazioni sulle ghiacciaie e molte domande.
Sabato 27 luglio faremo una passeggiata dalla ghiacciaia di via Priocca a quella del Palatino.
Ho fatto un giro oggi al Palatino. Non entro mai perché lo trovo triste, passo davanti senza vederlo. Devo dire che gli interventi moderni sulle parti storiche in genere mi affascinano, ma non è il caso del Palatino. Triste per i colori: trovo che il verde bottiglia e il grigio siano colori già mesti separatamente, messi insieme si rafforzano l'un l'altro. E poi così grande! Troppo grande da nascondere un lato della piazza e l'allegro disordine dei vecchi palazzi, magari degradati fino ad un po' di anni fa, ma non tristi. 
Quei palazzi, scomparsi dietro un blocco verde e grigio, davano alla piazza un aspetto omogeneo e di equilibrio che è la caratteristica di Torino, che piaccia oppure no.
L'interno è migliore, il movimento della luce non è male, ma i negozi no. Va ben i gusti sono gusti, ma il cattivo gusto è cattivo gusto. Non c'è un capo che comprerei. Che peccato! Cosa si può fare per valorizzare questo luogo?
C'è un'antica ghiacciaia e abbiamo deciso di andarla a visitare.
Dalle poche informazioni che ho trovato la forma a tronco di cono rovesciato e la cupola erano il miglior sistema per creare e conservare il ghiaccio. Faceva parte delle ghiacciaie reali? Forse sì. Certo è che è stata utilizzata  dai commercianti quando ha iniziato a funzionare il mercato.
La ghiacciaia di via Priocca invece potrebbe essere di costruzione più recente. Non so se ci fossero ghiacciaie sotterranee, non ho trovato traccia di ciò.
Al piano terra e/o nel seminterrato  le pareti erano rivestite di sughero e fino agli anni 50 vendeva il ghiaccio a blocchi a tutta la città.
Come lo si preparava il ghiaccio? Venivano utilizzati i  canali? In zona ce n'erano tanti, servivano i mulini. Il ghiaccio proveniva dai monti? Dalla Val di Susa o da qualche altra zona? Si immagazzinava la neve nei mesi invernali per trasformarla poi in ghiaccio? Questo forse sì visto che Torino era soggetta a forti nevicate e temperature invernali piuttosto basse.
Chi ne sa qualcosa?

domenica 17 marzo 2013

Il vecchio e il nuovo

Sono tornata dall'India da un paio di settimane, Torino mi ha accolta con una bella nevicata, che tutto subito non mi è dispiaciuta, anche se lo sbalzo di temperatura dai 33 agli zero gradi è stato difficile. Oggi, 17 marzo di nuovo nevica; non sono i 'pataras d'mars' quei fiocchi soffici e leggeri che annunciano la primavera e che volteggiano nell'aria prima di dissolversi a terra, questi di oggi sono piccoli e pungenti fiocchi ghiacciati.
E' domenica e nonostante la temperatura esco presto per una gradevole passeggiata in una Torino quasi deserta. Porta palazzo è sempre bellissima, attraverso la piazza per andare a fare colazione in centro: le torri palatine, piazza Castello, via Po.
Scelgo un bar in via Po. Tavoli in legno in un ambiente accogliente dall'atmosfera Nord Europea, la vetrina piena di dolci e cioccolato  attrae anche i meno golosi.
Mi siedo ad uno dei tavolini rotondi facendo un cenno di saluto a chi siede al tavolino accanto; una signora della vecchia Torino con una giovane che è senz'altro la badante. La signora potrebbe avere un'ottantina d'anni o anche più, indossa una imponente pelliccia di visone e un altrettanto vistoso cappello della medesima pelliccia. Sta facendo colazione con brioche e cappuccino. Evidentemente è una abituée del posto, il cameriere la saluta e fa una battuta carina, devo dire, sul cappellino della signora, ma lei seria non accetta volentieri, non sorride, sta sulle sue un po' seccata.
E' un personaggio della vecchia e seriosa Torino, ha ancora voglia di ripetere il rito del cappuccino al bar, ma si vede che la sua vita è cambiata e il mondo in cui si muove non è più il suo. Troppo anziana e troppo rigida forse, per adeguarsi ai tempi.
Alzandomi saluto lei e la badante. Per un attimo la vedo addolcirsi, sorridere e sentirsi protagonista come se riconoscesse qualcosa che le appartiene, quel 'buongiorno signora' l'ha riportata nella sua vecchia Torino fatta di educazione e cortesia. Sicuramente subito dopo avrà commentato con la badante che sì esistono ancora persone educate, ma avrà senz'altro criticato il mio abbigliamento poco elegante e i lunghi e scompigliati capelli non adatti ad una persona della mia età. Però quel 'Buongiorno Signora' l'ha fatta star bene.

Mi alzo e vado alla cassa, il ragazzo biondino giovane e indaffaratissimo mi lancia un 'arrivo subito', non c'è problema rispondo, non ho fretta. Pagando commento che da quando sono in pensione non ho più fretta. Che bello, mi dice con un velo di tristezza, io non riesco più a far nulla al di fuori dal lavoro, lavoriamo 10 ore al giorno e vorrebbero che lavorassimo di più. Scambiamo due parole, gli dico che so cosa significhi, non ho dimenticato i miei ultimi anni e non ho bisogno di commentare molto, lui sorride si sente compreso, basta un po' di umanità e il lavoro diventa più sopportabile. Dai un barlume di speranza oggi c'è. Lontano forse, ma qualcosa sta cambiando.

giovedì 27 settembre 2012

Colorata e pimpante

A Porta palazzo gli spunti per scrivere non mancano mai, ogni giorno ci sarebbero almeno tre o quattro scenette da presentare. Il problema è che sono sommersa da impegni di vario genere e se non mi metto subito al computer l'idea che ho in testa se ne va.

Stamattina ho fatto la sosta, quasi abituale, al bar Roma. Mentre bevo il caffè, con la coda dell'occhio, vedo un movimento lesto, un roteare di colori e immediatamente capisco chi è entrato nel locale.

Guarda guarda ho due vestiti. E con le due mani alza fino al collo il vestito verde a fiori rosa , sotto ne ha un altro rosso a fiori bianchi. Ah che bello, ho visto, le risponde la signora che sta alla cassa, e hai anche delle belle scarpe. Sì ti piacciono? Sono belle, le ho pagate 10 euro. Sopra alle calze colorate indossa un paio di scarpine bianche a pois neri. Due enormi orecchini pendono dai lobi delle orecchie (ama molto gli orecchini, li indossa sempre). I capelli ormai quasi tutti bianchi, sono ben pettinati, con un curioso ciuffo diritto sulla testa.

Non la vedevo in giro da parecchio e siccome negli ultimi tempi l'avevo trovata molto invecchiata, temevo che fosse malata e che non uscisse più di casa. Invece eccola qui, un po' più china, ma colorata e pimpante come sempre.

Fa un paio di piroette ed esce, esco anch'io. Lei parla, parla, parla sempre e con chiunque, mi fa tenerezza e  le rispondo.
Vedo che sta bene, le dico, sì sì mi risponde, tutta pulita tutta pulita (in effetti è vero). Non la vedevo da tanto tempo, le dico; e no no, mi risponde lei, sono andata eh sì sono stata sì sì sono andata ma oggi c'è l'assemblea ospedaliera ieri c'era sciopero ma oggi c'è l'assemblea ospedaliera oggi. A sì? le dico, e ci va anche lei? Io?!? mi risponde guardandomi di sottecchi e portandosi la mano alla fronte, no no non sono mica matta io non sono mica matta. E mi viene da pensare che forse ha ragione.

martedì 22 maggio 2012

Suoni e Rumori



Ciuìk tuu, ciuìk tuu, ciuìk tuu, un suono continuo e regolare, ciuìk tuu, ciuìk tuu. E' mattina presto ed è anche domenica oggi. Cos'è questo rumore che non conosco?
La finestra della mia camera da letto si affaccia su via La Salle. Via La Salle è una via tranquilla, è a senso unico, non molto trafficata.
Durante il giorno, in settimana, capita  di sentire voci, schiamazzi, richiami, clacson che suonano, portiere che sbattono.
Ci sono poi rumori che conosco bene, alle 6,45 in punto: drn-drn-drn-drn-drn, a passo d'uomo transita un furgoncino va verso piazza della Repubblica, ha un piccolo motore, ma è condotto a mano. Verso le 8: brrrram il rumore di una saracinesca: Atiah ha aperto il Bazar. E pian piano inizia il regolare trambusto del quartiere che lavora o che cazzeggia a seconda dei casi.

Ma la domenica no, la domenica dopo che i mezzi della nettezza urbana hanno finito di raccogliere la spazzatura e di lavare la strada torna il silenzio. Silenzio. Via La Salle si sveglia tardi, sento il calpestio di qualcuno che passa a piedi, qualche rara auto e poi alle 10: din dan dalan lo scampanio della chiesa di San Gioacchino, va be', ma alle 10! A quell'ora sono sempre già pronta ad uscire per il giornale e il caffè. Stamattina invece il silenzio è rotto da questo ciuìk tuu, ciuìk tuuu. Mai sentito prima, che sarà mai? Non che mi disturbi, non mi sembra molto vicino né fastidioso, solo mi incuriosisce. Dura più o meno mezz'ora, sempre uguale, sempre alla stessa distanza, poi tace.

Lo sento di nuovo il mattino dopo, e il mattino dopo ancora. E' presto, sono le 7 circa, ma la curiosità è tanta, mi alzo, apro la finestra e cerco di capire da dove viene il rumore. Ciuìk tuu, ciuìk tuu, ora, con la finestra aperta lo sento molto chiaramente, ma da dove arriva? Lascio scorrere lo sguardo sul palazzo di fronte, parto dall'alto dove abita una famiglia cinese, poi sotto dove abita un gruppo di indiani, niente nessun segno di vita e sotto ancora, sì sotto   sul balcone, tra appendini con camici stesi, scatoloni di cartone, pezzi di mobili imprecisati accatastati alla meglio . . . . vedo un uomo in piedi di schiena, indossa un pigiama di fantasia africana. Un  africano? ma no, non è africano, è cinese, lì abita una famiglia cinese. Ciuìk tuuu ciuìk tuu le spalle salgono e scendono ritmicamente come se stesse camminando in salita e capisco: ha i piedi su uno stepper. Uno dei due pedali cigola ciuìk, un piede sale e l'altro scende ciuìk tuuu. Svelato il mistero. E' la prima volta che vedo un cinese fare sport, si allena ogni mattina una buona mezz'ora prima di andare ad aprire il negozio di acconciature.

mercoledì 29 febbraio 2012

Albero di Natale 2011

Anche nel 2011 ci siamo incontrati per fare l'albero di Natale, ma non riuscendo a trovare una giornata che andasse bene per tutti lo abbiamo fatto di sera! Tra i nuovi ghiaccioli Lisa che è in carrozzina e Elena e Franco


domenica 6 novembre 2011

Piazza Don Albera

La risistemazione di piazza don Albera ha una lunga storia:

2008
Noi ghiaccioli abbiamo cominciato a seguire le vicende della sistemazione di piazza don Albera negli ultimi mesi del 2008, ma era già da qualche tempo che i residenti speravano in un progetto di riqualificazione della piazza e della via Priocca. Un vecchio progetto di fattibilità esisteva, ma era iniziata la crisi e il comune non aveva più i mezzi per realizzarlo.
Intanto la piazza era sede provvisoria del mercato V alimentare.

2009
Nel febbraio 2009 L'edificio ristrutturato sulla piazza della Repubblica era pronto si trattava di spostare nella sua sede di origine il mercato V alimentare . L'ente incaricato dello spostamento doveva risistemare la piazza e aveva presentato un progetto per rifare l'asfalto e creare semplicemente un parcheggio per i furgoni dei commercianti del mercato.

A questa notizia c'era stato un sollevamento dei residenti di piazza don Albera e via Priocca che vedevano sfumare per sempre la possibilità di avere la piazza ristrutturata e fruibile.
Inizia una lunga lotta. Gli incontri si susseguono, con The Gate, con il comune, con i responsabili dell'area mercatale e tra i cittadini stessi che, sempre più preoccupati e sfiduciati, spesso si trovano a discutere in case private.
Viene preparata una lettera da presentare al sindaco e agli assessori.
Nella lettera si evidenziano tutti i problemi che avrebbe portato con sé un parcheggio per i furgoni dei commercianti (inquinamento acustico, atmosferico, degrado ecc), si propongono alcune soluzioni alternative per risolvere il problema del parcheggio dei furgoni (che da qualche parte vanno pur parcheggiati).

Infine sempre i residenti propongono la creazione di un parcheggio pertinenziale interrato ad iniziativa privata con piazzale pedonale arredato e il rifacimento della via Priocca. Nell'attesa della realizzazione del parcheggio interrato si accetta la destinazione dell'area a parcheggio auto per i residenti e clienti del mercato.
Per portare avanti queste proposte occorre una raccolta firme, alla quale partecipiamo molto attivamente anche noi della ghiacciaia. Parte anche una indagine su quante persone sarebbero state interessate ad acquistare o affittare un posto macchina nel parcheggio sotterraneo in piazza don Albera.

Dal comune e dal mercato viene accettata la proposta di parcheggiare altrove i furgoni, con grande sospiro di sollievo di tutti noi, ma per lungo tempo non si sa più nulla della proposta del parcheggio sotterraneo. Ogni tanto qualcuno cerca invano di avere notizie.

2010
Nel marzo 2010 sempre i cittadini 'residenti resistenti' organizzano un incontro con un consigliere comunale per esporgli tutta una serie di problemi: rifiuti, degrado, mancanza di segnaletica stradale ecc, e chiedergli notizie per la realizzazione del parcheggio sotterraneo.

Il 25 febbraio 2011 finalmente The Gate ci convoca e ci presenta il progetto di fattibilità, quasi non ci crediamo!
Il progetto viene presentato alla circoscrizione ai primi di marzo 2011.
Ora bisognava presentarlo in comune in tempo utile prima delle elezioni.

In ultimo il 23 ottobre 2011 riceviamo da una residente resistente questo link
http://www.torinoogginotizie.it/cronaca/2011/10/11/news-41175/torino-porta-palazzo-in-arrivo-un-nuovo-parcheggio.html

mercoledì 13 luglio 2011

Gemma racconta Porta Palazzo

Vado orgogliosa del condominio in cui abito e del quartiere in cui, con curiosità secondo me e con incoscienza secondo altri, ho scelto di vivere.
Ne parlo spesso con gli amici e anche con Gemma, mia compagna di canto.
Gemma è una bella signora, minuta, molto curata, di una eleganza sobria tipicamente torinese. E' una professionista, ama il suo lavoro che continua ad esercitare con competenza ed energia.
Io ho vissuto a Porta Palazzo tanti anni, mi dice, andavo a scuola alla Parini, e ricordo la ghiacciaia com'era, e ricordo …. e ricordo . . . Bene Gemma, allora racconta.

Gemma nasce nel 37 a Torino. La famiglia si trasferisce per un breve periodo a Borgone di Susa, dove Gemma frequenta la scuola materna e la prima elementare, poi ritorna a Torino, e prende alloggio in un appartamento di via Priocca 24.
Era un palazzo elegante e moderno, mi dice, costruito dall'ing. Pilutti, ricordo in particolare le scale decorate a smalto di colore rosso vivo. C'era la portineria, un locale angusto con una scala a chiocciola che portava alla camera da letto, i portinai erano di religione valdese.
Le elementari le ho frequentate alla Maria Ausiliatrice, ricordo il ghiaccio sulle strade. Per andare a scuola percorrevo a piedi via Cottolengo, la via aveva le lose al centro e per il resto era acciottolato, me lo ricordo tutto ghiacciato.
In via Priocca passava il tram numero 8, da piazza Don Albera proseguiva sotto gli archi per poi svoltare a sinistra sulla piazza e continuare per via Milano. Il tram era di colore verde, spesso viaggiava con una seconda vettura a rimorchio. Non aveva porte, era aperto e per salire ci si aggrappava alla maniglia di ottone. Una lunga catena messa in orizzontale per tutta la lunghezza della vettura, serviva per comunicare con il manovratore. Chi doveva scendere si aggrappava alla catena alla quale era collegata una campanella, il dalan dalan avvisava il manovratore che alla prossima fermata avrebbe dovuto fermare la vettura per far scendere i passeggeri.
E per via Priocca salivano e scendevano carri trainati dai cavalli, erano carri con le sponde e grandi ruote rigide. Trasportavano di tutto: botti, scatole di merci varie e i blocchi di ghiaccio che caricavano alla ghiacciaia di via Priocca per rifornire tutta la città. Anche la spazzatura veniva trasportata allo stesso modo, era ben stipata sul carro ma viaggiava così en plain air, sballonzolava al trotto dei cavalli e di tanto in tanto qualche pezzo si staccava dal mucchio e svolazzando andava a posarsi sul selciato.

I commercianti di porta palazzo andavano a comprare il ghiaccio a piedi e se lo trasportavano sulla schiena servendosi di spallacci di cuoio.
Già, ricorda Gemma, il mercato sotto la tettoia . . .sotto la tettoia c'erano le massaie rurali, mi dice, già, penso io, l'epoca del regime fascista. Le massaie rurali vendevano verdura, frutta, formaggi, il seiras, formaggio d'altri tempi che si trova ancora oggi su qualche banco, e vendevano gli animali vivi: conigli, galline, pulcini, canarini, piccioni.
Oggi le massaie rurali non ci sono più, la zona è diventata 'la tettoia dei contadini', poi degli agricoltori o oggi dei produttori, ma sempre lo stesso mestiere fanno e la merce continua ad essere buona, fresca ed economica. Gli animali vivi sono scomparsi, e chi li compra più oggi? Ma li ricordo bene ancora anch'io, forse c'erano ancora fino agli anni 60 e 70.
Spostando l'attenzione sulla zona del mercato Gemma riprende a parlare.
Sulla via Priocca, dopo il negozio Gianduia, sull'angolo dove inizia la discesa, c'era una piccola osteria che serviva la buseca e vino sfuso. I commercianti e gli avventori, nelle gelide giornate invernali, andavano a prendersi un bicchiere di vino e una scodella di buseca, piatto caldo, calorico e a buon mercato.
La buseca è una zuppa a base di trippa. In quello stesso locale ora c'è un kebab. Il profumo che si sente è un altro, ma per certi versi è molto simile a quello della buseca di allora. Un profumo forte, un piatto caldo, calorico e a buon mercato.
E più giù c'era il molino Dora, ricorda Gemma. Da bambina avrebbe tanto voluto andare a giocare a nascondino insieme alla sua amica del cuore e alla figlia del mugnaio, ma i genitori severi ed attenti alla loro unica figliola non glielo hanno mai permesso. Le amiche le raccontavano di cunicoli, di passaggi segreti tra grandi ruote di pietra e canali dove scorreva l'acqua.

L'espressione di Gemma cambia, i ricordi si concentrano ora sul periodo della guerra. La scriteriata mania di grandezza del duce , ormai da anni unico artefice della sorte degli italiani, aveva portato l'Italia, di disastro in disastro, sempre più in basso fino alla guerra civile. L'unico modo per fermarlo è stata purtroppo la guerra civile.
Dunque la guerra civile.
La prima bomba su Torino cade proprio in via Priocca l'11 giugno del 40. Colpisce in pieno un isolato tra via Priocca, via la Salle e la Dora, la zona dove ora c'è il distributore di benzina.
Il 14 luglio, durante un altro bombardamento, ancora una volta viene colpita pesantemente via Priocca.
La zona era presa di mira perché nelle vicinanze c'erano: l'Arsenale, la Nebiolo ove si fabbricavano armi, la Fiat grandi motori e poco oltre sulla Dora il gasometro. Ma c'erano anche tante abitazioni civili, la zona era molto abitata, danni collaterali, è la guerra.

I voli prima erano solo notturni, ricorda Gemma, poi iniziarono a bombardare anche di giorno.
Suonavano le sirene e correvamo nei rifugi o nelle cantine. Uno dei rifugi si trovava in via Rivarolo, era vicino, ci andavamo spesso.
Una notte è stato colpito e distrutto proprio il rifugio, ma Gemma è qui a raccontarlo, quella notte lei e la famiglia avevano scelto un altro riparo. Forse proprio in quell'occasione, ricorda Gemma, è stata danneggiata anche la scuola di via Rivarolo.
Gemma ricorda le notti interrotte dall'urlo delle sirene, ricorda che il papà si muoveva lentamente e lei non capiva perché. Avrebbero dovuto correre via rapidi e lui si attardava, era lento, forse per reazione, forse bloccato dal terrore. Chissà? Difficile per noi capire.
Gli edifici pericolanti, ricorda ancora Gemma, erano indicati da un cerchio di colore rosso mattone, mentre i rifugi erano indicati con una grande erre dipinta con vernice bianca
Ricorda il rombo terribile degli aerei che si abbassavano a bombardare.
Ricorda gli spezzoni incendiari che lasciavano una scia luminosa e avevano lo scopo di distruggere con il fuoco.
Ricorda i buchi anneriti nelle case dove erano caduti gli spezzoni.
Ricorda gli impiccati in piazza Statuto angolo via san Donato.

Infine la famiglia di Gemma è costretta a sfollare a Borgone, rientrano a Torino nel 45.
La vita riprende dopo la liberazione. La città è distrutta, ma la gente ha voglia di vivere di divertirsi e di ballare.
Il mercato si rianima e compaiono giocolieri, mangiafuoco e cantastorie, la gente riprende ad uscire senza paura, Gemma ricorda l'uomo che spezzava le catene con la sola forza dei muscoli, si esibiva davanti al mercato del pesce, lo vedeva la domenica, mentre con i genitori andava a messa alla Consolata.
Negli anni successivi la città rinasce, in seguito arriva il boom economico e pian piano la ghiacciaia va in disuso.

lunedì 7 marzo 2011

Il signor Nicola racconta la ghiacciaia

L'ho conosciuto durante un incontro con i residenti di Porta Palazzo, organizzato da The Gate, per parlare dei problemi del quartiere.
Il signor Nicola è un uomo tutto d'un pezzo, non più giovane ma energico, positivo ed entusiasta.
Uscendo abbiamo fatto un po' di strada insieme, abita in via Priocca il signor Nicola, e camminando un po' sul marciapiede sconnesso e un po' in mezzo alla strada, come tutti in zona siamo abituati a fare, ha cominciato a raccontare.

Racconta di Porta Palazzo di com'era, parla del condominio in cui vive con l'orgoglio di chi ha avuto parte attiva nella ristrutturazione dello stabile. Mi invita ad entrare, in effetti il palazzo è bello, l'androne è pulito, colorato con un certo gusto; due grandi archi si aprono su un piccolo spazio condominiale pieno di piante.
Adesso ce ne sono poche, mi dice, è inverno e le abbiamo portate al riparo, ma d'estate, e fa un gesto con la mano come per dire è tutta un'altra cosa.
Mi indica lo spazio tra il cortile condominiale e il palazzo di fronte: Qui scorreva l'acqua, mi racconta, e c'erano i mulini proprio lì dove ora c'è il palazzo della regione.
Ha l'entusiasmo e la fierezza di un ragazzo e lascia trasparire un grande amore per Torino e per la zona in cui abita, pur mantenendo un forte accento meridionale che rivela le sue origini.

Gli chiedo della ghiacciaia e lo invito a raccontarmi di più, lui accetta volentieri e in un paio d'ore mi illustra tutta la sua vita: Una vita dura, difficile che lui narra con leggerezza e con passione. E' soddisfatto di tutte le sue scelte, è stato sempre stimato ed apprezzato e ne va fiero, pochi sono gli episodi negativi di cui parla, tutte le esperienze servono, mi dice, insomma è un uomo che vede il bicchiere sempre mezzo pieno.

Nativo di un paese vicino a Bari inizia a lavorare che è ancora un ragazzo, con alcuni amici si sposta in bici e lavora come bracciante nelle masserie. In una masseria grande, mi dice, ventotto stanze! Ci ho lavorato un paio d'anni.
E' a causa di uno scontro avuto con il padre che arriva a Torino. Parte con l'intenzione di fermarsi solo una settimana ospite di uno zio; ha diciassette anni, ha voglia di lavorare, è orgoglioso, vuole pagarsi almeno il viaggio di rientro.

Siamo nel 1956, la Torino del dopoguerra è piena di cantieri. Nicola decide di fermarsi ancora un po'. Trova un posto come piastrellista e 'trabuccante'; lavora in nero, non riesce a farsi assumere, perché lui non è residente e per assumere un lavoratore che arriva dal sud le pratiche sono lunghe e scoraggianti.
Lascia Torino quando deve assolvere il servizio militare. Diciotto mesi ho fatto! mi dice, sono diventato capo cuoco e ho anche ricevuto una medaglia di bronzo.
A Torino riprende il lavoro ma una grave allergia al cemento lo costringe a cambiare mestiere. Mi rosicchiava le mani mi dice, potevo mica usare i guanti?
Lavora come facchino, come trasportatore, lavora per un panificio e in questo periodo frequenta la ghiacciaia, ma i particolari glieli chiederò in seguito, è un fiume di parole e lo lascio continuare.

Il lavoro non lo spaventa mai è giovane, veloce, preciso e forte, e soprattutto ha una volontà di ferro, non è mai un problema cambiare mestiere, il problema semmai è ancora l'assunzione regolare che ottiene dopo anni e con molta fatica.

Siamo ormai negli anni settanta, la crisi si fa sentire e lui sceglie un lavoro più sicuro, entra in fabbrica, diventa operaio. Dopo una prima esperienza come zincatore viene assunto in fonderia: alla Mondialpista, mi dice, in pazza Carducci. E, con orgoglio, mi parla di colate di metallo fuso, di pezzi prodotti e del contributo dato per ottimizzare e perfezionare il lavoro. Non una parola sulla difficoltà, sulla fatica, sull'ambiente invivibile della fonderia. In caso questo non bastasse continua a effettuare consegne a domicilio, un secondo lavoro tra un turno e l'altro.
Il tempo vola veloce, e la ghiacciaia gli chiedo? Mi parli della ghiacciaia.

Frequenta la ghiacciaia nel periodo in cui lavora per il panificio. Facevano i panettoni, mi dice , e tenevano grandi quantità di strutto, anche più di 200 quintali, al fresco in ghiacciaia; per questo servizio pagavano un affitto e ritiravano man mano la dose necessaria.
Sulla via Carlo Noè, dove adesso c'è la porta d'ingesso al condominio, c'era una grande apertura attraverso la quale entravano e uscivano i camion carichi di blocchi di ghiaccio. Il ghiaccio era prodotto e conservato al piano semiinterrato e veniva venduto al metro.
Sull'angolo con via Priocca c'era una porta utilizzata da chi come lui andava a piedi o in bicicletta ad attingere alle scorte di merce tenuta in fresco.
Sulla via Priocca un'altra grande apertura permetteva l'accesso ai camion che trasportavano le derrate che dovevano essere immagazzinate. Un grande movimento di camion insomma intorno alla ghiacciaia!
Al piano terreno un'impiegata annotava il movimento di ciò che entrava e di ciò che usciva dall'edificio.
Un montacarichi serviva per portare le merci ai piani superiori dove i muletti le spostavano e le accatastavano servendosi di pedane di legno.
All'ultimo piano, il quinto su via Priocca, c'erano un paio di locali adibiti ad ufficio.

Viene il giorno in cui la ghiacciaia smette di funzionare. Il signor Nicola non ricorda l'anno esatto, ma è certo che ha funzionato fino ai primissimi anni settanta. Per un periodo è stata affittata alle Poste che l'hanno utilizzata come garage per i furgoni, ma da un certo punto in poi le grandi serrande in metallo che chiudevano le due aperture su via Noè e via Priocca rimangono abbassate. Immobili sempre più arrugginite, i muri senza finestre sempre più grigi. Il degrado si impossessa dell'edificio.
Un paio di volte le serrande vengono divelte e l'edificio viene occupato da extracomunitari che cercano riparo. Telefonate alle forze dell'ordine, sgomberi, storie tristi di nuovi immigrati, finché il comune decide il recupero e la trasformazione del fabbricato.

venerdì 21 gennaio 2011

Cammino e calpesto

Passo tra le case del piccolo borgo e mi incammino per una strada stretta ma asfaltata. Cammino sui petali bianchi e rosa e respiro il profumo dei mandorli in fiore. Poco oltre la valle si fa piu' stretta e umida, muschio sulle rocce, cammino sui ricci e sulle foglie di castagno; svolto poi a sinistra in una stradina sterrata e cammino nel boschetto su un tappeto di aghi di pino, l'aria profuma di resina. Continuo e all'ultima curva poco prima di casa scendo in un prato, cammino sull'erba morbida e stacco dagli alberi un po' di arance e di mandarini. Torno sulla strada cammino tra i fichi d'india, sono quasi arrivata, salgo i gradini intagliati nella pietra lavica tra piante grasse di ogni genere e dimensione.
Le tonalita' di verde ci sono tutte e ora cominciano ovunque a farsi spazio i colori delicati dei fiori dei mandorli.
Disegno figure verdi.

giovedì 20 gennaio 2011

La casa di Biancaneve

Eccomi qui, stavolta come Uccel di Bosco, a raccontare una storiella.
Sono arrivata qui, nell'isola misteriosa, il 31 dicembre. Mentre tutti si accingevano a festeggiare l'arrivo del nuovo anno io arrivavo in aeroporto e con un taxi partivo alla volta della casetta di Biancaneve.
E viaggia, viaggia, viaggia, curva dopo curva, grandi salite, paurose discese, nel buio attraversavamo paesi, stranamente deserti, nonostante la notte dei bagordi. Verso le 11 raggiungevamo il piccolo borgo dove mi sarebbe venuta a prendere la signora che mi ha affittato la casetta. Si' perche' dalla strada 'principale' bisogna percorrere ancora un km circa di strada sterrata.
Da dove si lascia la macchina poi, bisogna percorrere un sentiero e una scala scavata nella pietra per raggiungere il terrazzo dal quale si accede alla casa.
Un freddo tremendo e una stellata fantastica mi hanno accolta. Anzi ci hanno accolte perche' per quindici giorni sono stata in compagnia di una amica. Ora da qualche giorno sono da sola. Ho tutto il necessario per vivere in modo semplice e spartano: la luce la danno i pannelli solari, mentre per l'acqua calda si usa la bombola del gas, la stufa la si accende con i gusci di mandorla che qui abbondano, i rifiuti vengono differenziati e l'umido viene messo direttamente in una buca nella terra (come per altro faceva mia nonna gia' cinquant'anni fa).
Ho un bagnetto con doccia, la cucina e una camera da letto, 40 mq in tutto. Davanti a casa un terrazzino che si affaccia sulla vegetazione straordinaria dell'isola e in fondo 700 mt piu' in basso: l'oceano.

giovedì 13 gennaio 2011

Fuori di Palazzo

la notte del 28 dicembre 2010, all'interno di uno degli appartamenti della ghiacciaia, fra sbadigli, stampanti non funzionanti e biro consumate, è nata l'associazione Fuori di Palazzo!

domenica 19 dicembre 2010

Albero di Natale 2010

Anche quest'anno abbiamo addobbato i terrazzi del primo piano con albero e luci. Occasione imperdibile per mangiare qualcosa insieme. Per la prima volta ha partecipato Micky (che mi piacerebbe di più chiamare con il suo nome cinese) portando the cinese e dolcini tipici.





sabato 18 settembre 2010

Siamo i più belli del mondo

E' tempo di scrivere. Oggi piove a dirotto, ma la temperatura è ancora tiepida e forse si tratta solo una perturbazione di passaggio, il tempo è stato mite e sereno per tutto il mese di settembre, ma oggi piove ed è tempo di scrivere.

Sono rientrata il 7 settembre, sono a Torino da qualche giorno. Stamattina sono andata a prendere il caffè al bar Roma. Hanno riaperto da poco, sono abbronzati e riposati. Oggi è sabato, il giorno più movimentato della settimana e dietro al bancone c'erano tutti. Il signor Enzo alla vendita del caffè, la mamma alla cassa e la signora Carla, bionda e sorridente come sempre, a servire i clienti insieme ad una delle due simpatiche bariste rumene. La signora indossava una tee shirt candida, che, dando le spalle alla clientela per preparare i caffè, presentava la scritta: ABBIAMO I CLIENTI PIU' BELLI DEL MONDO. Una trovata molto simpatica, ovviamente mi sono sentita tra i clienti più belli del mondo, così come si sentiranno tra i più belli del mondo i barboni, i malati di mente, i professionisti, gli artisti, i disoccupati, gli impiegati, gli operai, i commercianti, gente di tutte le razze e di tutti i colori che frequentano questo locale.

Piove a dirotto, uscita dal bar passo dal giornalaio, un cliente abituale se ne sta seduto con una chiappa sul banco dell'edicola e chiacchiera del più e del meno in dialetto piemontese con un'anziana signora. La pioggia non impedisce due chiacchiere tra vecchi conoscenti. Riprendo il mio ombrello e attraverso corso Giulio pensando di trovare poche bancarelle. Neanche per idea, attrezzati con nylon e teloni ci sono tutti. Qui si lavora sempre con qualunque tempo. Entro nel mercato coperto affollato come al solito: Mi lascio inebriare dal profumo di pane fresco, di salumi, di formaggi affumicati e di qualche spezia che non riconosco, compro ciò che mi serve e torno a casa piena di energia.
Questa è l'atmosfera che si respira a Porta Palazzo, al di là dei problemi che ci sono, (ma sono certa che qui si potranno risolvere più rapidamente che altrove), è palpabile una voglia di lavorare e di vivere con entusiasmo e anche con allegria nonostante la crisi.
Questo quartiere con il suo mercato, se compreso, accettato e guardato con uno sguardo ampio trasmette energia e positività.

giovedì 27 maggio 2010

La prima camminata

A Santa Cruz, primo giorno.
Arrivo all'estremita' della citta', dall'altra parte rispetto all'aeroporto. Il mare e' agitato e brontola furibondo. Mi incammino tra moderni palazzi colorati e silenziosi. Giganti immobili in attesa. Imponenti, disposti sui due lati di un fiume inutilmente chiuso tra argini in cemento. Nel letto del fiume, completamente in secca, tra sassi e rifiuti vari, razzolano polli, galli, galline, pulcini. Il silenzio e' rotto solo dai continui chicchirichi'. I galli piu' vecchi e colorati hanno un gran da fare a difendere il loro territorio di sbecchettamento da giovani galletti non ancora adulti. E cantano e rispondono, e cantano ancora e rispondono.
Ignara di cio' che mi aspetta inizio a camminare in salita costeggiando il fiume. Ancora mi chiedo come sono arrivata fino lassu' tutto sommato senza neanche troppa fatica!
Una deviazione mi porta ad un piccolo sentiero con l'indicazione Vierges de la Nieves, mi inerpico, presto il sentiero termina e continuo a salire sulla strada asfaltata tra belle villette rigorosamente chiuse da muri, cancelli e perros incazzatissimi.
Cammino con il passo lento della turista pensando di vedere presto la fine. La strada e' incredibilmente ripida e dritta, solo ogni tanto una mezza curva a sinistra nasconde la salita che continua sempre piu' ardua.
Qualche rara auto sale o scende, qualche altra, come una enorme tartaruga d'argento, esce da una tana bassa larga. Il cancello automatico si richiude subito dopo quasi senza rumore. Qui abitano persone molto benestanti, penso.
Finalmente arrivo ad una biforcazione, chiedo informazioni, la strada continua in piano, poi un'ultimo strappo in salita e raggiungo la meta. Una bella chiesetta in mezzo al verde, frequentata da fedeli del luogo. Ho fatto la mia prima camminata.

mercoledì 26 maggio 2010

L'isola inquietante

Non e' la prima pagina del diario che ho scritto, ma oggi sono stata a Puerto Naos e ora sono qui alla biblioteca di Los Llanos. Ho appena vissuto cio' che racconto qui sotto.

E mi scappa da ridere. Quest'isola non e' inquietante forse?
Oggi ho deciso di andare al mare, a Puerto Naos.
La guagua, (cosi' viene chiamato l'autobus di linea) porta scritta la destinazione 'Puerto Naos Chaca Verde' (o qualcosa del genere) Salgo. A Puerto Naos scendono una ventina di turisti bercianti in tedesco e olandese io decido di continuare e vedere dov'e' e cos'e' questa Chaca Verde che sulla cartina e' indicata come spiaggia. Rimango sul bus e proseguo.
Sulla guagua siamo solo piu' in 4. Un'anziana coppia, l'autista ed io. Dopo qualche chilometro l'autista si ferma e fa cenno alla coppia di scendere, questi un po' titubanti eseguono l'ordine e si incamminano in una stradina stretta e chiusa tra due muretti. Chiedo all'autista, nel mio perfetto spagnolo se c'e' ancora un'altra spiaggia. (L'ultima spiaggia). Si' mi bofonchia. Ad un certo punto si ferma e mi fa scendere. E' qui mi dice. Mi abbandona li' fa inversione ad U e riparte. Sola. Mi scappa da ridere. Non e' che ora incontro Leonardo da Vinci e mi ritrovo nel 1400 quasi 1500?
Mi incammino per una stradina, perfino troppo curata, che scende verso il mare. La percorro, intravedo una fetta di spiaggia nera tra gli scogli aguzzi e . . .neri.
La strada svolta a gomito, continuo a scendere. Mimetizzato tra gli scogli un passeggino. Vuoto. Nero. Nero, con una sola banda verde evidenziatore. Nessuno in vista. Silenzio assoluto, solo il fragore delle onde che si infrangono poco sotto.
Beh nascosta dietro agli scogli scorgo, per fortuna, una famigliola. Se non sono li' per annegare il bebe' . . .
Arrivo alla spiaggia, c'e' un po' di gente, poca e mi sta bene. Mi sistemo a ridosso degli scogli. Dietro di me appena piu' in alto, incastrato tra le rocce ovviamente nere, un piccolo tabernacolo dipinto di bianco. Davanti ci sono i resti di una barca squarciata forse distrutta da una tempesta. Era rosa e nera. Era. Attaccato a quel che rimane di un albero c'e' un salvagente arancione con quattro fascie bianche e una scritta nera. La scritta si legge ancora bene: SOCORRO URGENTE dice.
Tutto documentato da fotografie. Tutto vero.
Comunque il posto e' splendido, ci tornero' senz'altro con l'occorrente per restare l'intera giornata. Basta non farsi condizionare dalla solitudine, dai passeggini demoniaci, dalle barche che ti invitano a fare un giro. Senza ritorno.

Rimango un po' a prendere il sole, poi mi avvio verso Puerto Naos, penso di arrivarci a piedi, non e' molto lontana, ma miracolosamente nello stesso momento arriva la guagua, ne approfitto e salgo. L'autista che mi riconosce ora chiacchiera piu' volentieri e mi consiglia di andare a mangiare al bar Orinoco di puerto Naos.
Puerto Naos e' molto carina ed ha anche una bella spiaggia, il bar Orinoco oggi ahime' e' chiuso, ma ci tornero' ancora e lo provero' la prossima volta

martedì 2 marzo 2010

Varie forme di scambi in via La Salle.





Stanotte un gran trambusto mi ha svegliata verso le 5. Non capivo cosa stesse accadendo in strada, ma non era difficile immaginare, dal momento che succede molto spesso.
Ignoti, forse neanche residenti nel quartiere, stavano rumorosamente scaricando alcune tavole di compensato molto grandi (dove già era stata depositata una cucina a gas) di fianco ai bidoni della spazzatura in via La Salle.
Stanca mi sono rimessa a dormire. Alle 7 circa altro trambusto. Altri Ignoti diversi dai primi si caricavano e si portavano via le tavole di compensato.
Poco dopo un altro camioncino si portava via la cucina a gas , non l'ho visto bene, ma questa volta forse si trattava del camioncino dell'amiat. Bene,traffico terminato.
Rimanevano i due bidoni verdi, naturalmente semiaperti e puzzolenti, ma fa ancora molto freddo, si aprono poco le finestre, resistiamo.
Verso le 11 affacciandomi ancora su via La Salle noto che sono comparse, per terra sul marciapiede dietro ai bidoni, alcune finestre con intelaiatura di alluminio, vetri, sbarre di metallo più un materasso per letto singolo.
Rimarrà tutto lì fino alla prossima notte quando qualcuno si porterà via i vetri qualcun altro il materasso e qualcun altro ancora lascerà altri rottami? O prima di stasera la merce sarà ritirata e sostituita ancora? Chi può saperlo?

lunedì 1 marzo 2010

I primi segni della primavera?

Quest'anno l'inverno sembra non finire più.
Quante mattine sono passata sotto la tettoia dei contadini con il gelo?
Ben coperta con sciarpa, giaccone imbottito, calze di lana, guanti e cappello, per tutto l'inverno girando per il mercato mi sono chiesta come possano resistere le persone a lavorare con temperature così basse.
Io arrivavo ben imbacuccata e mi fermavo poco tempo, ma loro rimanevano lì per tutta la mattina, tutti i giorni.
C'è un banco, nella zona produttori, dove ogni tanto compero la verdura. Le venditrici sono due signore molto gentili. Il banco non c'è sempre e non è sempre nella stessa posizione, ma è facile individuarlo per la bella chioma bionda che la più giovane porta fluente sulle spalle. Durante l'inverno le trovavo con difficoltà coperte com'erano con scialli, sciarpe e cappelli di lana di tipo peruviano.
Certe mattine lavoravano a turno, una serviva i clienti mentre l'altra si scaldava (o meglio si decongelava) le mani davanti alla stufetta elettrica.
I venditori più anziani sembrano esser più resistenti, lavorano senza guanti sempre anche con il gelo. Le mani nodose violacee, la pelle screpolata, le labbra congelate, i nasi rossi le schiene sempre più curve, ma presenti ogni giorno, anche nelle giornate più fredde.

Da alcuni giorni la morsa del gelo sembra essersi attenuata, il freddo si fa ancora sentire e spesso piove, ma forse stiamo uscendo dall'inverno. Siamo ormai a fine febbraio, sabato scorso ho visto vendere le primule e qualche ramo di mimosa. I copricapi peruviani sono spariti e i capelli biondi sono ricomparsi lunghi sulle spalle. Anche la venditrice di uova è presentata con qualche sciarpa in meno. Forse anche questo è un segno della primavera in arrivo.

sabato 12 dicembre 2009

Una parola per Lele

Ieri sono andata come sempre a fare un giro tra i banchi dei contadini. Cercavo del formaggio e ho girato gli occhi verso la zona dove solitamente ci sono i montanari che espongono tome, ricotte e robiole profumate ed invitanti. I miei banchi preferiti sono due.
Uno è uno gestito da una coppia, marito e moglie secchi secchi e piccoli di statura, lui quasi sempre indossa un cappello alla tirolese.
L'altro è gestito da un omone alto e grosso, molto grosso, capelli lunghi grigi legati dietro la nuca con un elastico, sempre di buon umore e con voglia di chiacchierare. Insieme a lui solitamente c'è il figlio (o forse è il fratello) più magro e più giovane ma anche lui con i capelli lunghi legati dietro la nuca. Non sapevo come si chiamasse, ma sovente mi fermavo a comprare da lui, dall'omone.
Durante la settimana uno dei due banchi c'è sempre ma ieri mattina l'area era stranamente vuota.
Che strano, penso, chissà come mai non c'è nessuno? Intanto allungo lo sguardo e noto un tavolino, ma non è il banco del formaggio, sopra c'è un mazzo di fiori e una fotografia. Davanti un quaderno dove lasciare la firma. La fotografia ritrae un omone in giaccone rosso. Così ho scoperto che si chiamava Raffaele detto Lele e che aveva solo 52 anni. Porta Palazzo ha perso uno dei suoi personaggi tipici.

lunedì 11 maggio 2009

Una mattina di ordinario trambusto

Mi alzo, apro la finestra e saluto una bambina affacciata al balcone del palazzo di fronte su via La Salle. Non che la conosca, ma mi guarda e la saluto, lei risponde timidamente. Ha il grembiule azzurro, le trecce nere pettinate ben strette, la pelle scura degli indiani, strano da quanto tempo abita qui? Non ci sono molti indiani in zona. Curiosa continua a guardarmi mi saluta di nuovo e questa volta il sorriso si apre e scopre una fila di dentini bianchissimi, sì credo proprio sia indiana. Più tardi la vedo uscire sulla strada e girare a sinistra in via Noè con lo zainetto colorato e le lunghe trecce lucide.
In via Noè stamattina c'è un gran trambusto: squadre anti incendio, squadre anti droga, polizia, carabinieri e i militari con le loro divise mimetiche. Non mi piace vedere i militari girare per il quartiere, ma non sarebbe stato meglio usare quei soldi per dare mezzi migliori a polizia e carabinieri che ne hanno un gran bisogno? Proprio non capisco, o forse capisco fin troppo bene e quel che capisco non mi piace.
Un blitz, ogni tanto succede, in effetti intorno a quel palazzo si notavano strani movimenti da qualche tempo.
Passo tra le forze dell'ordine e vado al bar Roma per il caffè, tra gli avventori stamattina c'è una donna ancora giovane ma rovinata dall'alcool, la conosco, la vedo sempre sostare sotto la tettoia dei contadini intenta a discutere ad alta voce con personaggi invisibili, in mano immancabilmente il cartone del Tavernello.
Chiede un caffè e un bicchiere d'acqua. Un bicchier d'acqua? E' sicura? Le chiede il barista, ma lei non coglie la battuta, il cervello non funziona più, non sente, la testa è già altrove, beve in fretta ed esce.
Mi domando se i numerosi clochard, alcoolisti, indigenti, che frequentano il caffé Roma, mi domando se qualche volta pagano le consumazioni, forse qualche volta sì, quando hanno il denaro, in ogni caso sono sempre accolti con rispetto, con un sorriso, con una battuta, come tutti gli altri habitué paganti.