sabato 12 dicembre 2009

Una parola per Lele

Ieri sono andata come sempre a fare un giro tra i banchi dei contadini. Cercavo del formaggio e ho girato gli occhi verso la zona dove solitamente ci sono i montanari che espongono tome, ricotte e robiole profumate ed invitanti. I miei banchi preferiti sono due.
Uno è uno gestito da una coppia, marito e moglie secchi secchi e piccoli di statura, lui quasi sempre indossa un cappello alla tirolese.
L'altro è gestito da un omone alto e grosso, molto grosso, capelli lunghi grigi legati dietro la nuca con un elastico, sempre di buon umore e con voglia di chiacchierare. Insieme a lui solitamente c'è il figlio (o forse è il fratello) più magro e più giovane ma anche lui con i capelli lunghi legati dietro la nuca. Non sapevo come si chiamasse, ma sovente mi fermavo a comprare da lui, dall'omone.
Durante la settimana uno dei due banchi c'è sempre ma ieri mattina l'area era stranamente vuota.
Che strano, penso, chissà come mai non c'è nessuno? Intanto allungo lo sguardo e noto un tavolino, ma non è il banco del formaggio, sopra c'è un mazzo di fiori e una fotografia. Davanti un quaderno dove lasciare la firma. La fotografia ritrae un omone in giaccone rosso. Così ho scoperto che si chiamava Raffaele detto Lele e che aveva solo 52 anni. Porta Palazzo ha perso uno dei suoi personaggi tipici.

lunedì 11 maggio 2009

Una mattina di ordinario trambusto

Mi alzo, apro la finestra e saluto una bambina affacciata al balcone del palazzo di fronte su via La Salle. Non che la conosca, ma mi guarda e la saluto, lei risponde timidamente. Ha il grembiule azzurro, le trecce nere pettinate ben strette, la pelle scura degli indiani, strano da quanto tempo abita qui? Non ci sono molti indiani in zona. Curiosa continua a guardarmi mi saluta di nuovo e questa volta il sorriso si apre e scopre una fila di dentini bianchissimi, sì credo proprio sia indiana. Più tardi la vedo uscire sulla strada e girare a sinistra in via Noè con lo zainetto colorato e le lunghe trecce lucide.
In via Noè stamattina c'è un gran trambusto: squadre anti incendio, squadre anti droga, polizia, carabinieri e i militari con le loro divise mimetiche. Non mi piace vedere i militari girare per il quartiere, ma non sarebbe stato meglio usare quei soldi per dare mezzi migliori a polizia e carabinieri che ne hanno un gran bisogno? Proprio non capisco, o forse capisco fin troppo bene e quel che capisco non mi piace.
Un blitz, ogni tanto succede, in effetti intorno a quel palazzo si notavano strani movimenti da qualche tempo.
Passo tra le forze dell'ordine e vado al bar Roma per il caffè, tra gli avventori stamattina c'è una donna ancora giovane ma rovinata dall'alcool, la conosco, la vedo sempre sostare sotto la tettoia dei contadini intenta a discutere ad alta voce con personaggi invisibili, in mano immancabilmente il cartone del Tavernello.
Chiede un caffè e un bicchiere d'acqua. Un bicchier d'acqua? E' sicura? Le chiede il barista, ma lei non coglie la battuta, il cervello non funziona più, non sente, la testa è già altrove, beve in fretta ed esce.
Mi domando se i numerosi clochard, alcoolisti, indigenti, che frequentano il caffé Roma, mi domando se qualche volta pagano le consumazioni, forse qualche volta sì, quando hanno il denaro, in ogni caso sono sempre accolti con rispetto, con un sorriso, con una battuta, come tutti gli altri habitué paganti.

domenica 12 aprile 2009

Oggi è il giorno di Pasqua

Oggi è Pasqua. Piove. Esco presto per la solita passeggiata prima di iniziare qualsiasi attività. Forse quest'abitudine di uscire la mattina è il retaggio del tempo in cui uscivo per andare al lavoro? Chissà.
Attraverso la piazza del mercato, vuota e ripulita. Come sempre hanno ritirato i banchi e tutta la spazzatura: cassette di legno e di plastica, avanzi di frutta e verdura, sacchetti e cartacce, anche la carta bianca e blu a festoni e tutte quelle bottiglie di birra lasciate a terra dalla gente dell'est europeo che affolla lo spazio davanti alla tettoia dell'orologio sbevazzando a tutte le ore del giorno. Tutto è a posto e la piazza è vuota, il pavimento in pietra è lucente di pioggia. Passo sotto le porte palatine poi verso piazza Castello. Sotto gli archi di fianco al duomo i miei passi rimbombano, non c'è ancora nessuno in giro, neanche la solita zingara che se ne sta sempre qui seduta a terra con la mano tesa augurando a tutti tanta fortuna. Mentre scendo verso via Po sotto i portici di piazza Castello incontro il mendicante cieco che sta andando a posizionarsi sull'angolo con via Accademia delle Scienze e per tutto il giorno chiederà l'elemosina ripetendo la solita litania. Vado a bere il cappuccino da Antonio. Antonio ha aperto da poco ma è già allegro e pimpante. Fischietta canta mentre disegna ghirigori di schiuma di latte sulla tazza. Passo a prendere il giornale e rientro, ha smesso di piovere, ma sarà per poco. Passo ancora in piazza Castello e sento da lontano la voce inconfondibile del mendicante cieco che ha iniziato la giornata: 'tanti auguri a voi e alle vostre famiglllie ...non c'è denaro che valga la visssta'. La piazza è più animata ora, gruppi di turisti guardano nella stessa direzione, ora a destra, ora a sinistra seguendo le spiegazioni delle guide. In via XX settembre incontro un altro habitué, sta sistemando la sua pianola e lo sgabello, per tutto il giorno, pioggia permettendo, ripeterà lo stesso motivetto sperando nelle monetine lasciate dai passanti. Il giorno di Pasqua inizia e io mi ritiro. Oggi starò a casa.

Il pane per Omar

Più del solito oggi il mercato è un esplosione di gente e di colori. Domani è Pasqua. Io non andrò via, il tempo è brutto e si prevede ancora pioggia. Con fatica riesco a fare spesa: pane e cose varie per i panini, se il tempo migliorasse andrò a fare una camminata sulle colline di Torino. Il mercato sotto la tettoia dell'orologio è gremito di gente, si fa fatica a camminare, ugualmente affollato è il mercato dei contadini.
Nonostante la pioggia i banchi sono tanti, ci sono tutti i soliti produttori e anche tanti nuovi venditori occasionali. E quanti colori, molti espongono grandi mazzi di lillà, e lunghi rami di fiori di pesco, poi fiori gialli, fiori rossi insieme alle tante erbe tipiche della stagione. La primavera è esplosa, ma il tempo continua ad essere incerto.
Ho fatto un giro presto, perchè sapevo che più tardi sarebbe stato troppo affollato. Una meraviglia come sempre, un bagno di folla di colori e di odori.
Tornata a casa sotto la pioggia, posando le mie borse noto una scritta con il pennarello sul sacchetto del pane: OMAR UNA CIABATTA GIALLA. Mi sono ritrovata il sacchetto di Omar. La panettiera sicuramente aveva messo da parte il sacchetto con il pane per Omar, ma Omar oggi forse non ha comprato il pane, oppure chissà, ne ha comprato più del solito e il sacchetto non è servito, così lo ha riciclato ed è toccato a me.

giovedì 5 marzo 2009

What a wonderful world

Piove e fa freddo, fa freddo e piove da almeno tre giorni. Ma non ho voluto chiudermi in casa neanche oggi. Sono uscita ho deciso di fare una passeggiata sotto l'acqua, ma dove andare?
Piazza Castello e via Po sotto i portici, poi avevo voglia di tuffarmi in un quadro diverso da quello delle vie e delle piazze argentate e lucenti d'acqua, pur belle, ma desideravo soprattutto un posto asciutto!
Un caffé da Antonio. Antonio gestisce in via Po il caffè dell'Università. Qui, oltre che all'asciutto si fa un tuffo nel passato. Il locale è in stile liberty, i due gestori due personaggi fuori dal tempo, sulle pareti ritratti di Dean Martin, Frank Sinatra, Elvis e altri grandi dell'epoca, immancabile un sottofondo musicale di buon vecchio jazz.
Antonio stava preparando una cioccolata a ritmo di musica, mentre la voce calda di Louis Armstrong diffondeva nel locale Oh when the saints go marching in Oh when the saints go marching in .... due chiacchiere con Antonio, poi, sulle ultime note di What a wonderful world ancora cantata da Armstrong, sono uscita sulle strade d'argento diretta a Porta Palazzo.
Al mercato mancavano parecchi banchi di abbigliamento e articoli vari, con questa pioggia solo i cinesi resistevano imperterriti, loro lavorano sempre. I banchi di frutta e verdura invece c'erano tutti. Sotto i teli pesanti e zuppi d'acqua i venditori allegri ed urlanti come sempre, invitavano i clienti all'acquisto. Certo, la gente mangia tutti i giorni e conviene esserci. Mi sono infilata tra gli ombrelli d'ogni colore che procedevano ondeggiando sotto un'acqua implacabile.
Ho comprato un po' di frutta, ho infilato i pacchetti nella borsa di tela umida ho ritirato il resto mentre goccioloni freddi mi cadevano sulla mano. Cercando di evitare le pozzanghere più grosse mi sono avviata verso casa con le note di Armstrong ancora in testa:
And I think to myself, what a wonderful world
Yes, I think to myself, what a wonderful world

YES IT'S WONDERFUL, ma non è un po' troppo umido?

sabato 31 gennaio 2009

I giorni della merla

Sono rientrata da un altro viaggio: Etiopia. Un viaggio in Africa lascia sempre un segno profondo, spesso doloroso. E' passata una settimana e stamattina per la prima volta mi sono sentita in Italia, a Torino, a Porta Palazzo. Un bel balzo dal caldo etiope al gelo dei giorni della merla.
In settimana avevo fatto qualche giro al mercato, ma la testa era ancora lontana e non trovavo tra i contadini le facce di sempre. Forse il gran freddo li aveva tenuti lontani? Oppure in gennaio non c'è molto da offrire e non val la pena spostarsi? Forse un po' tutt'e due.
Oggi è sabato 31 gennaio, si gela, ma c'è il sole ed ho ritrovato tra la gente l'energia di sempre.

Sulla piazza un colore predomina su tutti, un colore e un profumo che richiamano il tepore, il clima mite del nostro meridione. L'arancio degli agrumi. Montagne di cassette piene di aranci, sui banchi piramidi di ogni sorta di frutti di colore arancio. Così tanti agrumi e magari tutti venduti in una sola giornata!
Le grida dei venditori si incrociano:
Solo qui il vero tarocco.
Dolcissimi e senza semi signora!
Le arancebbelle di Sicilia,
Trecchilidueeuro assaggi signora!

Mi sposto sotto la tettoia dei contadini, i banchi ci sono quasi tutti, ma è ancora un po' sotto tono. Il colore che predomina è il verde in tutte le sue tonalità, interrotto dall'arancio sì, ma è l'arancio delle zucche. Qui si sente ancora l'inverno.
Perfino la signora delle uova è meno rapida del solito. Il viso già minuto si perde dentro un groviglio di sciarpe tenute insieme dal cappuccio del giaccone, le dita magre e viola escono dai guanti tagliati e si muovono a fatica. Parla e racconta, racconta di quanta neve è venuta a Carrù, di come han dovuto scaricare il tetto e non è finita, da stasera riprenderà a nevicare e lei ha un gran raffreddore e il fratello ha 'la sciatica', ma dice queste cose senza lamentarsi, è così e basta, è normale. Passerà. Non ha le solite cataste di uova da vendere, ne ha meno del solito, forse con il freddo anche le galline producono meno uova? Vorrei chiederglielo, ma intanto mi ha servita e mi ha dato la ricetta per fare strudel.
Freddo freddo, ho anch'io le mani intirizzite, non sento più i piedi e il naso è gelato, faccio un ultimo giro tra i banchi, vedo qualcosa di diverso: tra le verdure tipiche della stagione fredda, tra cavoli e porri compaiono i primi segnali della primavera, i girasoli, i primi girasoli della stagione.