domenica 6 novembre 2011

Piazza Don Albera

La risistemazione di piazza don Albera ha una lunga storia:

2008
Noi ghiaccioli abbiamo cominciato a seguire le vicende della sistemazione di piazza don Albera negli ultimi mesi del 2008, ma era già da qualche tempo che i residenti speravano in un progetto di riqualificazione della piazza e della via Priocca. Un vecchio progetto di fattibilità esisteva, ma era iniziata la crisi e il comune non aveva più i mezzi per realizzarlo.
Intanto la piazza era sede provvisoria del mercato V alimentare.

2009
Nel febbraio 2009 L'edificio ristrutturato sulla piazza della Repubblica era pronto si trattava di spostare nella sua sede di origine il mercato V alimentare . L'ente incaricato dello spostamento doveva risistemare la piazza e aveva presentato un progetto per rifare l'asfalto e creare semplicemente un parcheggio per i furgoni dei commercianti del mercato.

A questa notizia c'era stato un sollevamento dei residenti di piazza don Albera e via Priocca che vedevano sfumare per sempre la possibilità di avere la piazza ristrutturata e fruibile.
Inizia una lunga lotta. Gli incontri si susseguono, con The Gate, con il comune, con i responsabili dell'area mercatale e tra i cittadini stessi che, sempre più preoccupati e sfiduciati, spesso si trovano a discutere in case private.
Viene preparata una lettera da presentare al sindaco e agli assessori.
Nella lettera si evidenziano tutti i problemi che avrebbe portato con sé un parcheggio per i furgoni dei commercianti (inquinamento acustico, atmosferico, degrado ecc), si propongono alcune soluzioni alternative per risolvere il problema del parcheggio dei furgoni (che da qualche parte vanno pur parcheggiati).

Infine sempre i residenti propongono la creazione di un parcheggio pertinenziale interrato ad iniziativa privata con piazzale pedonale arredato e il rifacimento della via Priocca. Nell'attesa della realizzazione del parcheggio interrato si accetta la destinazione dell'area a parcheggio auto per i residenti e clienti del mercato.
Per portare avanti queste proposte occorre una raccolta firme, alla quale partecipiamo molto attivamente anche noi della ghiacciaia. Parte anche una indagine su quante persone sarebbero state interessate ad acquistare o affittare un posto macchina nel parcheggio sotterraneo in piazza don Albera.

Dal comune e dal mercato viene accettata la proposta di parcheggiare altrove i furgoni, con grande sospiro di sollievo di tutti noi, ma per lungo tempo non si sa più nulla della proposta del parcheggio sotterraneo. Ogni tanto qualcuno cerca invano di avere notizie.

2010
Nel marzo 2010 sempre i cittadini 'residenti resistenti' organizzano un incontro con un consigliere comunale per esporgli tutta una serie di problemi: rifiuti, degrado, mancanza di segnaletica stradale ecc, e chiedergli notizie per la realizzazione del parcheggio sotterraneo.

Il 25 febbraio 2011 finalmente The Gate ci convoca e ci presenta il progetto di fattibilità, quasi non ci crediamo!
Il progetto viene presentato alla circoscrizione ai primi di marzo 2011.
Ora bisognava presentarlo in comune in tempo utile prima delle elezioni.

In ultimo il 23 ottobre 2011 riceviamo da una residente resistente questo link
http://www.torinoogginotizie.it/cronaca/2011/10/11/news-41175/torino-porta-palazzo-in-arrivo-un-nuovo-parcheggio.html

mercoledì 13 luglio 2011

Gemma racconta Porta Palazzo

Vado orgogliosa del condominio in cui abito e del quartiere in cui, con curiosità secondo me e con incoscienza secondo altri, ho scelto di vivere.
Ne parlo spesso con gli amici e anche con Gemma, mia compagna di canto.
Gemma è una bella signora, minuta, molto curata, di una eleganza sobria tipicamente torinese. E' una professionista, ama il suo lavoro che continua ad esercitare con competenza ed energia.
Io ho vissuto a Porta Palazzo tanti anni, mi dice, andavo a scuola alla Parini, e ricordo la ghiacciaia com'era, e ricordo …. e ricordo . . . Bene Gemma, allora racconta.

Gemma nasce nel 37 a Torino. La famiglia si trasferisce per un breve periodo a Borgone di Susa, dove Gemma frequenta la scuola materna e la prima elementare, poi ritorna a Torino, e prende alloggio in un appartamento di via Priocca 24.
Era un palazzo elegante e moderno, mi dice, costruito dall'ing. Pilutti, ricordo in particolare le scale decorate a smalto di colore rosso vivo. C'era la portineria, un locale angusto con una scala a chiocciola che portava alla camera da letto, i portinai erano di religione valdese.
Le elementari le ho frequentate alla Maria Ausiliatrice, ricordo il ghiaccio sulle strade. Per andare a scuola percorrevo a piedi via Cottolengo, la via aveva le lose al centro e per il resto era acciottolato, me lo ricordo tutto ghiacciato.
In via Priocca passava il tram numero 8, da piazza Don Albera proseguiva sotto gli archi per poi svoltare a sinistra sulla piazza e continuare per via Milano. Il tram era di colore verde, spesso viaggiava con una seconda vettura a rimorchio. Non aveva porte, era aperto e per salire ci si aggrappava alla maniglia di ottone. Una lunga catena messa in orizzontale per tutta la lunghezza della vettura, serviva per comunicare con il manovratore. Chi doveva scendere si aggrappava alla catena alla quale era collegata una campanella, il dalan dalan avvisava il manovratore che alla prossima fermata avrebbe dovuto fermare la vettura per far scendere i passeggeri.
E per via Priocca salivano e scendevano carri trainati dai cavalli, erano carri con le sponde e grandi ruote rigide. Trasportavano di tutto: botti, scatole di merci varie e i blocchi di ghiaccio che caricavano alla ghiacciaia di via Priocca per rifornire tutta la città. Anche la spazzatura veniva trasportata allo stesso modo, era ben stipata sul carro ma viaggiava così en plain air, sballonzolava al trotto dei cavalli e di tanto in tanto qualche pezzo si staccava dal mucchio e svolazzando andava a posarsi sul selciato.

I commercianti di porta palazzo andavano a comprare il ghiaccio a piedi e se lo trasportavano sulla schiena servendosi di spallacci di cuoio.
Già, ricorda Gemma, il mercato sotto la tettoia . . .sotto la tettoia c'erano le massaie rurali, mi dice, già, penso io, l'epoca del regime fascista. Le massaie rurali vendevano verdura, frutta, formaggi, il seiras, formaggio d'altri tempi che si trova ancora oggi su qualche banco, e vendevano gli animali vivi: conigli, galline, pulcini, canarini, piccioni.
Oggi le massaie rurali non ci sono più, la zona è diventata 'la tettoia dei contadini', poi degli agricoltori o oggi dei produttori, ma sempre lo stesso mestiere fanno e la merce continua ad essere buona, fresca ed economica. Gli animali vivi sono scomparsi, e chi li compra più oggi? Ma li ricordo bene ancora anch'io, forse c'erano ancora fino agli anni 60 e 70.
Spostando l'attenzione sulla zona del mercato Gemma riprende a parlare.
Sulla via Priocca, dopo il negozio Gianduia, sull'angolo dove inizia la discesa, c'era una piccola osteria che serviva la buseca e vino sfuso. I commercianti e gli avventori, nelle gelide giornate invernali, andavano a prendersi un bicchiere di vino e una scodella di buseca, piatto caldo, calorico e a buon mercato.
La buseca è una zuppa a base di trippa. In quello stesso locale ora c'è un kebab. Il profumo che si sente è un altro, ma per certi versi è molto simile a quello della buseca di allora. Un profumo forte, un piatto caldo, calorico e a buon mercato.
E più giù c'era il molino Dora, ricorda Gemma. Da bambina avrebbe tanto voluto andare a giocare a nascondino insieme alla sua amica del cuore e alla figlia del mugnaio, ma i genitori severi ed attenti alla loro unica figliola non glielo hanno mai permesso. Le amiche le raccontavano di cunicoli, di passaggi segreti tra grandi ruote di pietra e canali dove scorreva l'acqua.

L'espressione di Gemma cambia, i ricordi si concentrano ora sul periodo della guerra. La scriteriata mania di grandezza del duce , ormai da anni unico artefice della sorte degli italiani, aveva portato l'Italia, di disastro in disastro, sempre più in basso fino alla guerra civile. L'unico modo per fermarlo è stata purtroppo la guerra civile.
Dunque la guerra civile.
La prima bomba su Torino cade proprio in via Priocca l'11 giugno del 40. Colpisce in pieno un isolato tra via Priocca, via la Salle e la Dora, la zona dove ora c'è il distributore di benzina.
Il 14 luglio, durante un altro bombardamento, ancora una volta viene colpita pesantemente via Priocca.
La zona era presa di mira perché nelle vicinanze c'erano: l'Arsenale, la Nebiolo ove si fabbricavano armi, la Fiat grandi motori e poco oltre sulla Dora il gasometro. Ma c'erano anche tante abitazioni civili, la zona era molto abitata, danni collaterali, è la guerra.

I voli prima erano solo notturni, ricorda Gemma, poi iniziarono a bombardare anche di giorno.
Suonavano le sirene e correvamo nei rifugi o nelle cantine. Uno dei rifugi si trovava in via Rivarolo, era vicino, ci andavamo spesso.
Una notte è stato colpito e distrutto proprio il rifugio, ma Gemma è qui a raccontarlo, quella notte lei e la famiglia avevano scelto un altro riparo. Forse proprio in quell'occasione, ricorda Gemma, è stata danneggiata anche la scuola di via Rivarolo.
Gemma ricorda le notti interrotte dall'urlo delle sirene, ricorda che il papà si muoveva lentamente e lei non capiva perché. Avrebbero dovuto correre via rapidi e lui si attardava, era lento, forse per reazione, forse bloccato dal terrore. Chissà? Difficile per noi capire.
Gli edifici pericolanti, ricorda ancora Gemma, erano indicati da un cerchio di colore rosso mattone, mentre i rifugi erano indicati con una grande erre dipinta con vernice bianca
Ricorda il rombo terribile degli aerei che si abbassavano a bombardare.
Ricorda gli spezzoni incendiari che lasciavano una scia luminosa e avevano lo scopo di distruggere con il fuoco.
Ricorda i buchi anneriti nelle case dove erano caduti gli spezzoni.
Ricorda gli impiccati in piazza Statuto angolo via san Donato.

Infine la famiglia di Gemma è costretta a sfollare a Borgone, rientrano a Torino nel 45.
La vita riprende dopo la liberazione. La città è distrutta, ma la gente ha voglia di vivere di divertirsi e di ballare.
Il mercato si rianima e compaiono giocolieri, mangiafuoco e cantastorie, la gente riprende ad uscire senza paura, Gemma ricorda l'uomo che spezzava le catene con la sola forza dei muscoli, si esibiva davanti al mercato del pesce, lo vedeva la domenica, mentre con i genitori andava a messa alla Consolata.
Negli anni successivi la città rinasce, in seguito arriva il boom economico e pian piano la ghiacciaia va in disuso.

lunedì 7 marzo 2011

Il signor Nicola racconta la ghiacciaia

L'ho conosciuto durante un incontro con i residenti di Porta Palazzo, organizzato da The Gate, per parlare dei problemi del quartiere.
Il signor Nicola è un uomo tutto d'un pezzo, non più giovane ma energico, positivo ed entusiasta.
Uscendo abbiamo fatto un po' di strada insieme, abita in via Priocca il signor Nicola, e camminando un po' sul marciapiede sconnesso e un po' in mezzo alla strada, come tutti in zona siamo abituati a fare, ha cominciato a raccontare.

Racconta di Porta Palazzo di com'era, parla del condominio in cui vive con l'orgoglio di chi ha avuto parte attiva nella ristrutturazione dello stabile. Mi invita ad entrare, in effetti il palazzo è bello, l'androne è pulito, colorato con un certo gusto; due grandi archi si aprono su un piccolo spazio condominiale pieno di piante.
Adesso ce ne sono poche, mi dice, è inverno e le abbiamo portate al riparo, ma d'estate, e fa un gesto con la mano come per dire è tutta un'altra cosa.
Mi indica lo spazio tra il cortile condominiale e il palazzo di fronte: Qui scorreva l'acqua, mi racconta, e c'erano i mulini proprio lì dove ora c'è il palazzo della regione.
Ha l'entusiasmo e la fierezza di un ragazzo e lascia trasparire un grande amore per Torino e per la zona in cui abita, pur mantenendo un forte accento meridionale che rivela le sue origini.

Gli chiedo della ghiacciaia e lo invito a raccontarmi di più, lui accetta volentieri e in un paio d'ore mi illustra tutta la sua vita: Una vita dura, difficile che lui narra con leggerezza e con passione. E' soddisfatto di tutte le sue scelte, è stato sempre stimato ed apprezzato e ne va fiero, pochi sono gli episodi negativi di cui parla, tutte le esperienze servono, mi dice, insomma è un uomo che vede il bicchiere sempre mezzo pieno.

Nativo di un paese vicino a Bari inizia a lavorare che è ancora un ragazzo, con alcuni amici si sposta in bici e lavora come bracciante nelle masserie. In una masseria grande, mi dice, ventotto stanze! Ci ho lavorato un paio d'anni.
E' a causa di uno scontro avuto con il padre che arriva a Torino. Parte con l'intenzione di fermarsi solo una settimana ospite di uno zio; ha diciassette anni, ha voglia di lavorare, è orgoglioso, vuole pagarsi almeno il viaggio di rientro.

Siamo nel 1956, la Torino del dopoguerra è piena di cantieri. Nicola decide di fermarsi ancora un po'. Trova un posto come piastrellista e 'trabuccante'; lavora in nero, non riesce a farsi assumere, perché lui non è residente e per assumere un lavoratore che arriva dal sud le pratiche sono lunghe e scoraggianti.
Lascia Torino quando deve assolvere il servizio militare. Diciotto mesi ho fatto! mi dice, sono diventato capo cuoco e ho anche ricevuto una medaglia di bronzo.
A Torino riprende il lavoro ma una grave allergia al cemento lo costringe a cambiare mestiere. Mi rosicchiava le mani mi dice, potevo mica usare i guanti?
Lavora come facchino, come trasportatore, lavora per un panificio e in questo periodo frequenta la ghiacciaia, ma i particolari glieli chiederò in seguito, è un fiume di parole e lo lascio continuare.

Il lavoro non lo spaventa mai è giovane, veloce, preciso e forte, e soprattutto ha una volontà di ferro, non è mai un problema cambiare mestiere, il problema semmai è ancora l'assunzione regolare che ottiene dopo anni e con molta fatica.

Siamo ormai negli anni settanta, la crisi si fa sentire e lui sceglie un lavoro più sicuro, entra in fabbrica, diventa operaio. Dopo una prima esperienza come zincatore viene assunto in fonderia: alla Mondialpista, mi dice, in pazza Carducci. E, con orgoglio, mi parla di colate di metallo fuso, di pezzi prodotti e del contributo dato per ottimizzare e perfezionare il lavoro. Non una parola sulla difficoltà, sulla fatica, sull'ambiente invivibile della fonderia. In caso questo non bastasse continua a effettuare consegne a domicilio, un secondo lavoro tra un turno e l'altro.
Il tempo vola veloce, e la ghiacciaia gli chiedo? Mi parli della ghiacciaia.

Frequenta la ghiacciaia nel periodo in cui lavora per il panificio. Facevano i panettoni, mi dice , e tenevano grandi quantità di strutto, anche più di 200 quintali, al fresco in ghiacciaia; per questo servizio pagavano un affitto e ritiravano man mano la dose necessaria.
Sulla via Carlo Noè, dove adesso c'è la porta d'ingesso al condominio, c'era una grande apertura attraverso la quale entravano e uscivano i camion carichi di blocchi di ghiaccio. Il ghiaccio era prodotto e conservato al piano semiinterrato e veniva venduto al metro.
Sull'angolo con via Priocca c'era una porta utilizzata da chi come lui andava a piedi o in bicicletta ad attingere alle scorte di merce tenuta in fresco.
Sulla via Priocca un'altra grande apertura permetteva l'accesso ai camion che trasportavano le derrate che dovevano essere immagazzinate. Un grande movimento di camion insomma intorno alla ghiacciaia!
Al piano terreno un'impiegata annotava il movimento di ciò che entrava e di ciò che usciva dall'edificio.
Un montacarichi serviva per portare le merci ai piani superiori dove i muletti le spostavano e le accatastavano servendosi di pedane di legno.
All'ultimo piano, il quinto su via Priocca, c'erano un paio di locali adibiti ad ufficio.

Viene il giorno in cui la ghiacciaia smette di funzionare. Il signor Nicola non ricorda l'anno esatto, ma è certo che ha funzionato fino ai primissimi anni settanta. Per un periodo è stata affittata alle Poste che l'hanno utilizzata come garage per i furgoni, ma da un certo punto in poi le grandi serrande in metallo che chiudevano le due aperture su via Noè e via Priocca rimangono abbassate. Immobili sempre più arrugginite, i muri senza finestre sempre più grigi. Il degrado si impossessa dell'edificio.
Un paio di volte le serrande vengono divelte e l'edificio viene occupato da extracomunitari che cercano riparo. Telefonate alle forze dell'ordine, sgomberi, storie tristi di nuovi immigrati, finché il comune decide il recupero e la trasformazione del fabbricato.

venerdì 21 gennaio 2011

Cammino e calpesto

Passo tra le case del piccolo borgo e mi incammino per una strada stretta ma asfaltata. Cammino sui petali bianchi e rosa e respiro il profumo dei mandorli in fiore. Poco oltre la valle si fa piu' stretta e umida, muschio sulle rocce, cammino sui ricci e sulle foglie di castagno; svolto poi a sinistra in una stradina sterrata e cammino nel boschetto su un tappeto di aghi di pino, l'aria profuma di resina. Continuo e all'ultima curva poco prima di casa scendo in un prato, cammino sull'erba morbida e stacco dagli alberi un po' di arance e di mandarini. Torno sulla strada cammino tra i fichi d'india, sono quasi arrivata, salgo i gradini intagliati nella pietra lavica tra piante grasse di ogni genere e dimensione.
Le tonalita' di verde ci sono tutte e ora cominciano ovunque a farsi spazio i colori delicati dei fiori dei mandorli.
Disegno figure verdi.

giovedì 20 gennaio 2011

La casa di Biancaneve

Eccomi qui, stavolta come Uccel di Bosco, a raccontare una storiella.
Sono arrivata qui, nell'isola misteriosa, il 31 dicembre. Mentre tutti si accingevano a festeggiare l'arrivo del nuovo anno io arrivavo in aeroporto e con un taxi partivo alla volta della casetta di Biancaneve.
E viaggia, viaggia, viaggia, curva dopo curva, grandi salite, paurose discese, nel buio attraversavamo paesi, stranamente deserti, nonostante la notte dei bagordi. Verso le 11 raggiungevamo il piccolo borgo dove mi sarebbe venuta a prendere la signora che mi ha affittato la casetta. Si' perche' dalla strada 'principale' bisogna percorrere ancora un km circa di strada sterrata.
Da dove si lascia la macchina poi, bisogna percorrere un sentiero e una scala scavata nella pietra per raggiungere il terrazzo dal quale si accede alla casa.
Un freddo tremendo e una stellata fantastica mi hanno accolta. Anzi ci hanno accolte perche' per quindici giorni sono stata in compagnia di una amica. Ora da qualche giorno sono da sola. Ho tutto il necessario per vivere in modo semplice e spartano: la luce la danno i pannelli solari, mentre per l'acqua calda si usa la bombola del gas, la stufa la si accende con i gusci di mandorla che qui abbondano, i rifiuti vengono differenziati e l'umido viene messo direttamente in una buca nella terra (come per altro faceva mia nonna gia' cinquant'anni fa).
Ho un bagnetto con doccia, la cucina e una camera da letto, 40 mq in tutto. Davanti a casa un terrazzino che si affaccia sulla vegetazione straordinaria dell'isola e in fondo 700 mt piu' in basso: l'oceano.

giovedì 13 gennaio 2011

Fuori di Palazzo

la notte del 28 dicembre 2010, all'interno di uno degli appartamenti della ghiacciaia, fra sbadigli, stampanti non funzionanti e biro consumate, è nata l'associazione Fuori di Palazzo!