sabato 31 agosto 2013

Un giro al baloon. Qualcosa d’altri tempi.



Torino è bellissima in questi ultimi giorni di agosto:  un clima ottimo, fresco,  pare che il caldo afoso quest’anno abbia risparmiato la città. Qualche violento temporale  ogni tanto arriva con pioggia, vento, grandine, alberi sradicati, strade allagate, panico, ma in generale è una bella estate. 
Le piazze sono piene di turisti e il mercato è abbastanza animato, i banchi sono tanti e colorati come sempre, solo  alcuni stand sono chiusi per ferie. I torinesi pare non siano andati in vacanza in quest’anno di crisi o se lo hanno fatto sono tornati presto.
Oggi, sabato, sono uscita verso le 9 per il mio giro cittadino. Un caffè al bar Roma che ha riaperto già da un po'. Hanno fatto le vacanze nel periodo del ramadan, visto che  la maggior parte dei clienti è di religione islamica. 

Avevo un appuntamento alle 11, quindi un bel paio d’ore da spendere in giro a bighellonare, un’attività che mi riesce bene e mi soddisfa. Da tanto tempo non andavo al baloon e visto che è sabato, cosa c’è di meglio se non decidere di farci un giro?
Mi perdo un po’ tra le mercanzie più disparate, poi, sulla piazza, attira la mia attenzione un banco  che espone monete e francobolli. Da sempre la piazza è stata il luogo dove si incontravano collezionisti e venditori, ma ora mi sembra una cosa d’altri tempi. E’ una cosa d’altri tempi. C’è ancora qualcuno che colleziona francobolli? Sì.

Davanti al banco ci sono tre persone, ma attira la mia attenzione un signore seduto su una sedia da cucina anni 50 con schienale e sedile rivestiti di pura plastica marroncina, in realtà la sedia aveva un rivestimento di plastica marroncina, ora presenta solo alcuni brandelli  penzolanti sulle sottili  gambe di metallo cromato. Il signore, che sta seduto sulla gommapiuma  ingiallita, sembra anche lui uscito dagli anni 50.  

Magro, magrissimo, direi proprio pelle e ossa, pantalone di colore indefinito, scarpe da bocciofila, una giacchetta della tuta da ginnastica bluette con due bande bianche lungo le maniche. Pochi capelli grigi, naso ossuto e pronunciato, occhiali da miope spessissimi. Curvo sui dossier di francobolli li sfoglia con una pazienza da certosino, ogni tanto si avvicina un po' di più e, con le dita  scarne rivestite da una pelle trasparente,  ne estrae uno per infilarlo,  con cura, in una busta bianca. La busta contiene  i pezzi che vuole acquistare per la sua collezione.
Dal colore giallognolo della pelle direi che non esce mai, se non per venire il sabato al baloon a cerare qualche pezzo raro o di particolare interesse. Me lo vedo nella penombra, chiuso in chissà quale stanza polverosa e stantia, a trascorrere il suo tempo ammirando e riordinando  francobolli.

venerdì 2 agosto 2013

Capita di incontrare

Capita a Porta Palazzo,
capita anche di fare due chiacchiere con una nigeriana ormai torinese. Fa un gran caldo in questi giorni a Torino, una signora percorre  via Priocca con un paio di pantaloni bianchissimi è africana e , come dire, di corporatura 'tradizionale', stiamo andando entrambe verso la zona dei produttori.
Si volta, mi guarda  ed è lei a parlarmi per prima, già questo mi piace. 
Che bello! Mi dice, ha visto come l'hanno aggiustato bene? Parla del nuovo albergo sociale che sta per essere ultimato all'angolo tra piazza della Repubblica e via Priocca. Sì, le rispondo, era una casa fatiscente e disabitata, la stanno recuperando proprio bene. E cominciamo a chiacchierare, guardare e giudicare i lavori fatti e anche lo stato dei palazzi vicini.
E' nigeriana, è a Torino da 14 anni. Non le chiedo come è arrivata qui, perché conosco le storie tragiche di queste ragazze, ma lei secondo me ce l'ha fatta. Parla un italiano discreto, è sorridente e paciosa. Le chiedo se abita in zona, sveglia e simpatica com'è magari le propongo di iscriversi a Fuori di Palazzo. Prima di venire qui, mi dice, io dell'Italia sapevo solo che esistevano Napoli e Porta Palazzo. Sono venuta ad abitare a Porta Palazzo, i primi anni abitavo in via La Salle. Era brutta mi dice, sporca, c'erano cacche e vomito sui marciapiedi, per le scale, dappertutto. Ora sta cambiando le dico, è migliorata anche via La Salle. Lei non abita più qui, abita in corso Belgio, ma Porta Palazzo le piace e le piacciono i cambiamenti, così come piacciono a me. La sente sua questa zona, da come parla capisco che è rimasta affezionata al quartiere, magari è riuscita a superare le difficoltà e i problemi che ha avuto,  si sente accettata, sicura, si sente di far parte della zona e della città tanto da rivolgere la parola alla prima che incontra senza timore di essere trattata da 'negra'. Brava!

martedì 16 luglio 2013

Di ghiacciaia in ghiacciaia

Poche informazioni sulle ghiacciaie e molte domande.
Sabato 27 luglio faremo una passeggiata dalla ghiacciaia di via Priocca a quella del Palatino.
Ho fatto un giro oggi al Palatino. Non entro mai perché lo trovo triste, passo davanti senza vederlo. Devo dire che gli interventi moderni sulle parti storiche in genere mi affascinano, ma non è il caso del Palatino. Triste per i colori: trovo che il verde bottiglia e il grigio siano colori già mesti separatamente, messi insieme si rafforzano l'un l'altro. E poi così grande! Troppo grande da nascondere un lato della piazza e l'allegro disordine dei vecchi palazzi, magari degradati fino ad un po' di anni fa, ma non tristi. 
Quei palazzi, scomparsi dietro un blocco verde e grigio, davano alla piazza un aspetto omogeneo e di equilibrio che è la caratteristica di Torino, che piaccia oppure no.
L'interno è migliore, il movimento della luce non è male, ma i negozi no. Va ben i gusti sono gusti, ma il cattivo gusto è cattivo gusto. Non c'è un capo che comprerei. Che peccato! Cosa si può fare per valorizzare questo luogo?
C'è un'antica ghiacciaia e abbiamo deciso di andarla a visitare.
Dalle poche informazioni che ho trovato la forma a tronco di cono rovesciato e la cupola erano il miglior sistema per creare e conservare il ghiaccio. Faceva parte delle ghiacciaie reali? Forse sì. Certo è che è stata utilizzata  dai commercianti quando ha iniziato a funzionare il mercato.
La ghiacciaia di via Priocca invece potrebbe essere di costruzione più recente. Non so se ci fossero ghiacciaie sotterranee, non ho trovato traccia di ciò.
Al piano terra e/o nel seminterrato  le pareti erano rivestite di sughero e fino agli anni 50 vendeva il ghiaccio a blocchi a tutta la città.
Come lo si preparava il ghiaccio? Venivano utilizzati i  canali? In zona ce n'erano tanti, servivano i mulini. Il ghiaccio proveniva dai monti? Dalla Val di Susa o da qualche altra zona? Si immagazzinava la neve nei mesi invernali per trasformarla poi in ghiaccio? Questo forse sì visto che Torino era soggetta a forti nevicate e temperature invernali piuttosto basse.
Chi ne sa qualcosa?

domenica 17 marzo 2013

Il vecchio e il nuovo

Sono tornata dall'India da un paio di settimane, Torino mi ha accolta con una bella nevicata, che tutto subito non mi è dispiaciuta, anche se lo sbalzo di temperatura dai 33 agli zero gradi è stato difficile. Oggi, 17 marzo di nuovo nevica; non sono i 'pataras d'mars' quei fiocchi soffici e leggeri che annunciano la primavera e che volteggiano nell'aria prima di dissolversi a terra, questi di oggi sono piccoli e pungenti fiocchi ghiacciati.
E' domenica e nonostante la temperatura esco presto per una gradevole passeggiata in una Torino quasi deserta. Porta palazzo è sempre bellissima, attraverso la piazza per andare a fare colazione in centro: le torri palatine, piazza Castello, via Po.
Scelgo un bar in via Po. Tavoli in legno in un ambiente accogliente dall'atmosfera Nord Europea, la vetrina piena di dolci e cioccolato  attrae anche i meno golosi.
Mi siedo ad uno dei tavolini rotondi facendo un cenno di saluto a chi siede al tavolino accanto; una signora della vecchia Torino con una giovane che è senz'altro la badante. La signora potrebbe avere un'ottantina d'anni o anche più, indossa una imponente pelliccia di visone e un altrettanto vistoso cappello della medesima pelliccia. Sta facendo colazione con brioche e cappuccino. Evidentemente è una abituée del posto, il cameriere la saluta e fa una battuta carina, devo dire, sul cappellino della signora, ma lei seria non accetta volentieri, non sorride, sta sulle sue un po' seccata.
E' un personaggio della vecchia e seriosa Torino, ha ancora voglia di ripetere il rito del cappuccino al bar, ma si vede che la sua vita è cambiata e il mondo in cui si muove non è più il suo. Troppo anziana e troppo rigida forse, per adeguarsi ai tempi.
Alzandomi saluto lei e la badante. Per un attimo la vedo addolcirsi, sorridere e sentirsi protagonista come se riconoscesse qualcosa che le appartiene, quel 'buongiorno signora' l'ha riportata nella sua vecchia Torino fatta di educazione e cortesia. Sicuramente subito dopo avrà commentato con la badante che sì esistono ancora persone educate, ma avrà senz'altro criticato il mio abbigliamento poco elegante e i lunghi e scompigliati capelli non adatti ad una persona della mia età. Però quel 'Buongiorno Signora' l'ha fatta star bene.

Mi alzo e vado alla cassa, il ragazzo biondino giovane e indaffaratissimo mi lancia un 'arrivo subito', non c'è problema rispondo, non ho fretta. Pagando commento che da quando sono in pensione non ho più fretta. Che bello, mi dice con un velo di tristezza, io non riesco più a far nulla al di fuori dal lavoro, lavoriamo 10 ore al giorno e vorrebbero che lavorassimo di più. Scambiamo due parole, gli dico che so cosa significhi, non ho dimenticato i miei ultimi anni e non ho bisogno di commentare molto, lui sorride si sente compreso, basta un po' di umanità e il lavoro diventa più sopportabile. Dai un barlume di speranza oggi c'è. Lontano forse, ma qualcosa sta cambiando.